Io e Giorgio siamo nati e cresciuti insieme, solo una rete invisibile separava le nostre case. La vita ci ha portato su strade diverse, il Portogallo le ha riunite. Lui catturato da questo splendido paese, io per amore del trekking. La decisione è stata facile, andare in Portogallo e ripercorrere insieme un sentiero lungo 30 anni.
Trekking in Portogallo: dall’Alentejo all’Algarve
Arriviamo a Porto Covo dopo 3 ore di bus da Lisbona. Siamo nella regione centro-meridionale dell’Alentejo, “la grande terra ardente”, come la definisce José Saramago. Ci accoglie la piazza deserta: c’è solo un anziano seduto su una panchina. Le case basse e bianche disegnano l’orizzonte, come a separare il cielo dal mare. Sono decorate da strisce blu che contornano porte e finestre, retaggio della dominazione moresca. I pochi turisti siedono nei caffè all’aperto e la lunga strada che porta al mare è silenziosa e vuota. Qui inizia il nostro Trilho dos Pescadores, il cammino dei pescatori: percorreremo 120 chilometri nella regione dell’Alentejo fino ad arrivare in Algarve. A Aljezur il cammino si congiunge al percorso storico della Rota Vicentina, che scende da Santiago do Cacem per finire sulla punta meridionale del Portogallo, Capo de Sao Vicente, e noi lo seguiremo. 350 chilometri in totale.
Il cammino si snoda su sentieri percorsi un tempo dai pescatori e la solitudine è sterminata. Le spiagge immense sono occupate solo dai gabbiani. Pochi i camminatori sul percorso, per un breve tratto ci fa compagnia una coppia francese con la quale scambiamo solo poche battute, timorosi di rompere l’intimità che ci unisce alla natura che ci circonda. Ci diamo appuntamento per una “Mini Sagres” (la birra portoghese più diffusa) la sera a Zambujeira do Mar.
Il sentiero gira verso l’entroterra tra cespugli di ginestre, erica, mirto, sughereti, pini marittimi e campi coltivati. Proseguiamo in una mescolanza di programma e casualità, mete prefissate e impreviste come gli incontri che facciamo, incerti su che cosa tralasciare. Guadiamo ruscelli che finiscono in mare fra rocce scoscese, scendiamo verso spiagge meravigliose e contempliamo panorami imponenti. Siamo sicuri di aver ritrovato il sentiero quando l’oceano Atlantico si mantiene alla nostra destra, nostra pietra miliare.
La costa è un alternarsi di dune, poi improvvisamente si fa selvaggia, frastagliata, quasi aspra. Incontriamo dei pescatori con accanto i pochi pesci pescati: hanno facce scrostate dal sole e dal vento. L’Alentejo è una terra dura, il vento non la abbandona quasi mai. Fra i dirupi delle alte scogliere, le cicogne volteggiano stagliandosi nell’azzurro intenso del cielo. I nidi sono costruiti su pinnacoli solitari e irraggiungibili. Un pescatore dondola le gambe sul precipizio e a parole e gesti ci fa capire che la maggior parte delle nidiate non sopravvive: i piccoli cadono dal nido per decine di metri e finiscono nell’acqua o fra le rocce.
I vecchi villaggi di pescatori oggi sono località turistiche che ci accolgono alla fine della giornata, tappa dopo tappa: Porto Covo, Vilanova de Milfontes, Almograve, Zambujeira do Mar, Odeicexe, Aljezur. Persone con una ospitalità semplice e antica: un piccolo albergo dove riposarsi, una taverna per rifocillarsi, un bar che è punto d’incontro per i viaggiatori.
Ricardo, che ci ha accolto alla fermata del bus al nostro arrivo a Porto Covo, dice che la gente è preoccupata. Ha paura che il turismo e la scoperta di giacimenti petroliferi al largo della costa possano cambiare il volto di questi luoghi. Ci fa conoscere alcuni ragazzi che rappresentano una piccola associazione locale.“Não ao furo, sim ao futuro”, ci dicono: no al fracking, sì al futuro. Stanno raccogliendo fondi, parlano di turismo sostenibile, vogliono restare, preservare quanto hanno ricevuto in eredità. Un’ultima frontiera da conservare gelosamente, quasi da nascondere fra i dirupi come i nidi delle cicogne.
Io e Giorgio ci guardiamo e ascoltiamo il frangersi dell’oceano sulle scogliere. Voltiamo le spalle all’Europa con la voglia di restare in questi luoghi che un tempo erano la fine del mondo conosciuto. Ci consola solo sapere che la fine di questo viaggio sarà l’inizio del successivo.
– Fotografie di Ivano Gelio –