Ho sempre sentito parlare di Cuba. Mio padre si è spesso vantato di esserci stato per ben cinque volte e per lunghi periodi, sia per l’attività sportiva che svolgeva sia per piacere. E poi sono cresciuta vedendo diapositive di luoghi sparsi per il mondo e sentendo racconti “magici” al riguardo. Così, nel 2013, ho deciso di partire e di andare proprio a Cuba.
Al mio primo passo fuori dall’aereo, un calore improvviso e un aroma antico mi hanno invasa. Un profumo umido e segreto, che solo a Cuba mi è capitato di sentire. Per me resta uno tra i migliori al mondo; da allora lo cerco in ogni viaggio, ma non l’ho ancora ritrovato.
Arrivata all’Havana ero estasiata all’idea di essere finalmente giunta a destinazione. Ero una turista come le altre, avevo un elenco delle cose che volevo vedere e ho trovato una guida sul posto che parlava solo spagnolo. E così è iniziata la mia predilezione per questa lingua calda, diversa dallo spagnolo europeo, più coinvolgente. Basta pensare al fatto che i caraibici utilizzano l’espressione mi amor come intercalare. Sei al bar e ordini un moijto? “Okay mi amor” sarà la risposta. Ringrazi qualcuno con un muchas gracias? La risposta sarà “De nada mi amor”.
Altra cosa che a Cuba non manca è la musica, la si sente ovunque. Piccole band improvvisate o veri professionisti attraggono turisti in ogni via, borgo, bar, spiaggia, cantando e suonando canzoni popolari, allegre o malinconiche. La prima volta che ho sentito cantare Comandante Che Guevara Hasta Siempre, che molti conoscono come Santa Clara, mi sono emozionata. La canzone è stata scritta da Carlos Puebla nel 1956, prima della partenza del Che per la Bolivia. È una dichiarazione di gratitudine e amore eterno del popolo cubano per le gesta del rivoluzionario argentino, amico e fratello del popolo: “Il tuo amore rivoluzionario ti spinge ora a nuova impresa, dove aspettano la fermezza del tuo braccio liberatore”.
La mia prima volta a Cuba mi sono dedicata al Nord. Ho noleggiato un’auto e ho seguito alla lettera l’itinerario che mi ero costruita prima della partenza. Un’esperienza che ripeterei senza indugi, nonostante qualche inconveniente, come forare su una strada sterrata in mezzo alle montagne, ma finché si arriva incolumi a destinazione il problema non esiste. E ho incontrato tante persone meravigliose: ricordo gli anziani in modo particolare, dal cuore impavido e generoso, che avevano partecipato alla Rivoluzione, e gli sconosciuti che camminavano da oltre 30 km ai quali ho dato un passaggio. Ho cercato di immedesimarmi il più possibile con la popolazione cubana e me ne sono innamorata.
Sono tornata a Cuba anche una seconda volta, e ho visitato il centro e il Sud. Questa volta ho preferito non guidare ma cercare un autista: le buche/voragini incontrate per le strade la prima volta mi erano bastate! Il Sud è la Cuba più vera. Si passano le serate nelle piazze di Holguin ad ascoltare musica, ballare e parlare con amici cubani, che in realtà sono persone appena conosciute; le bellissime spiagge di Guardalavaca, la smagliante Playa Esmeralda che si può raggiunge con un calesse trainato da un vecchio cavallo, e il safari a Cayo Saetìa. Lì ho capito che Cuba è la mia casa.
A maggio finalmente ci tornerò e porterò con me dieci fantastiche donne, perché sono convinta che Cuba sia perfetta per le viaggiatrici: accogliente e curiosa. Mi piacerebbe che ogni viaggatrice a un tratto si chiedesse: «Un viaggio a Cuba, perché non c’ho pensato prima?».