La storia, la cultura, le tradizioni e persino la gastronomia fanno della Provenza una regione un po’ ribelle, certamente la meno francese di tutte. Questa regione storica, infatti, appartiene alla Francia solo come entità amministrativa, ne è una figlia legittimamente riconosciuta ma non naturale. Una meta curiosa, insomma. Scopriamo perché.
Le particolarità
L’atmosfera della Provenza è particolare. È la sua varietà geografica che la rende unica: il cielo di Provenza è di un azzurro speciale, ma anche il candore dei suoi calcari, le foglie argentee degli ulivi, il verde cupo dei pini marittimi e delle profumatissime erbe che tappezzano i terreni (garrigues) sono più luminosi che altrove. E poi la lavanda? Dove trovarla se non qui?
In campo culinario non ci sono incertezze. Mentre nel resto della Francia si usa il burro qui, come nella vicina Italia (la somiglianza tra palati è evidente), si usa l’olio d’oliva.
In Provenza si parlava, e si parla ancora oggi, un dialetto della lingua d’oc, cioè l’occitanico, diverso dalla lingua d’oil quale si parlava a Parigi e che poi si è imposto al resto della Francia.
Anche le tradizioni nel sud della Francia sono diverse dal resto della Francia. A partire dal Natale che, qui, seppure molto sentito, è senza neve, senza le guglie gotiche delle cattedrali, senza le piazze dei palazzi severi rallegrate dalle bancarelle dei mercati del Bambin Gesù. E Babbo Natale è snobbato come in nessun altro posto al mondo. Nel Mezzogiorno di Francia, infatti, il presepe ha resistito allo strapotere del pino natalizio, con la sua folla in miniatura di mugnai, contadine, gitani e marsigliesi, pescatori e briganti: sono i santon, le statuine provenzali del presepe, tutte in argilla colorata. E Gesù Bambino ha la meglio su Santa Claus, gli arbusti della macchia mediterranea sull’agrifoglio nelle ghirlande ornamentali e i motivi delle stoffe provenzali sulle decorazioni d’oro e d’argento.
Lo Stato di Provenza
Per confermare questa diversità, basta dare un’occhiata ai libri di storia.
A cominciare dal I sec. a.C., la Provenza era già provincia romana quando il resto dell’attuale Francia era celtica. E quando, con la spartizione dell’impero Carolingio, la Provenza toccò a Lotario, che ne fece un’unità politica e territoriale autonoma con il ducato di Lione, i connotati di questa terra si definirono ancora di più: le sue città conobbero uno sviluppo ignoto agli altri centri francesi.
La diversità dello “stato di Provenza” fu rafforzata nel secolo XV, dal trasferimento del papato ad Avignone, uno dei centri più importanti della Provenza. Solo nel 1486 clero, nobiltà e terzo stato chiesero la riunione della Provenza alla Francia e nel 1539 venne imposto l’uso del francese come lingua amministrativa. Nel frattempo Avignone e la regione circostante, chiama Comtat Venaissin, continuarono ad appartenere al papato e furono annessi alla Francia nel 1791.
La leggenda
Esiste una curiosa leggenda tra i pastori della Crau, la grande pianura che si estende tra le Alpilles, il Rodano e il mare. Questa regione è una distesa di sassi e ciottoli accumulatisi, in certe zone, per uno spessore di 15 metri. La tradizione vuole che Ercole, lottando contro i Liguri, avesse esaurito le frecce e avesse invocato l’aiuto di Giove, che fece piovere sui nemici una tale grandinata di pietre da lasciarne coperto il paese.
I geologi (che come tutti gli scienziati hanno la tendenza a distruggere le leggende) dicono però che i massi che si trovano a migliaia in questa piana siano un “regalo” del fiume Durance che, prima di essere un affluente del Rodano, si gettava direttamente in mare. La Crau sarebbe dunque un vasto delta prosciugato. Ma i provenzali alle loro tradizioni ci tengono eccome, e preferiscono di gran lunga la prima versione dei fatti…