Viaggiatori, come reagite a questo periodo di rinuncia forzata al movimento? Come sopportate il fatto di non poter progettare un viaggio se non in maniera totalmente astratta?
Io uso il ricordo. Mi trovo un angolo silenzioso e tranquillo, mi metto comoda e richiamo alla mente i momenti più significativi dei miei viaggi. O meglio, i momenti che in quell’istante mi… servono. Con gli occhi chiusi, visualizzo il luogo, le luci, i colori, i rumori. Mi calo così a fondo nel ricordo da riuscire a provare le stesse emozioni di quando ero realmente lì.
E così mi ritrovo in Giordania, seduta su una duna di sabbia rossa, immersa nel silenzio, con lo sguardo che, sfiorando le rocce e la distesa immensa del deserto del Wadi Rum, si perde in lontananza, senza riuscire a scorgere una fine, ma solo un orizzonte ben delineato e un cielo di un azzurro incredibile che arriva fino a terra (non ci si pensa, ma quante volte succede di vedere il cielo lambire il terreno senza case davanti o senza che cambi colore a causa dello smog?). Resto lì diversi minuti, gustandomi la sensazione dell’infinito.
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Deserto chiama deserto, quindi un attimo dopo è notte, sono in Australia, nel Tanami Desert. Anche qui il paesaggio è rosso, di un rosso più intenso, ed è molto meno dolce, più arido e inospitale, come se volesse tenere tutti lontani. Eppure infonde una sensazione di pace rassicurante. Saranno le stelle… Si sente spesso dire che la notte stellata nel deserto è un’esperienza unica, irripetibile in altri luoghi. Ed è vero. Non c’è inquinamento luminoso, ma non è solo questo: non esistono ostacoli, né creati dall’uomo né naturali. È tutto piatto, ovunque ci si giri. Intorno, su ogni lato, solo cielo nero con una miriade di punti luminosi, la Via Lattea in tutta la sua magnificenza.
L’istante dopo sono ancora in Australia, questa volta nel Queensland, nell’oceano al largo di Cairns. Sono nel bel mezzo di un’immersione alla Grande Barriera Corallina. Anche qui il silenzio è profondo, ma è diverso, senza scampo. Tra pesci pagliaccio, coralli e altri mille colori, un enorme pesce napoleone dallo sguardo umano continua a darmi colpetti nella schiena con il muso. Smette solo quando mi giro e lo accarezzo. Un pesce che si comporta come un gatto, chi l’avrebbe mai detto. Mi godo per un po’ la sensazione di beata solitudine, poi…
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… sono in cima a una scogliera battuta dal vento. Sono in Irlanda, passo dalle Cliffs of Moher a Inishmore (Isole Aran), al Giant’s Causeway, a Céide Fields. Non si sentono voci, non si sente nulla, perché il vento e il rumore delle onde che si infrangono violentemente contro la roccia annullano qualsiasi altro suono. Puoi avere altre persone intorno, ma è come se non esistessero. E così mi godo la solitudine e la vista sconfinata, oceano davanti, scogliere ai lati, prati verdissimi dietro con qualche pecora serafica.
Se poi mi serve un’immagine potente, di quelle che ti fanno venire le lacrime agli occhi, allora volo con il ricordo in India, davanti al Taj Mahal all’alba. Sto lì, di fronte al mausoleo semideserto alle cinque del mattino, con la luce tenue dell’alba; la guida racconta la storia di questo luogo incredibile con una passione degna dei romanzi di Wilbur Smith. Il cuore scoppia di emozione, colmo di felicità.
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Ora posso riaprire gli occhi, tornare alla realtà del presente. E comincio a progettare il primo viaggio che farò quando saremo di nuovo liberi di partire.