Dopo aver visitato e venerato Scozia e Irlanda, parto con un malcelato scetticismo nei confronti delle potenzialità delle restanti parti del Regno Unito. Mi domando se saranno in grado di stupirmi e se non mi appariranno piuttosto come la brutta copia del quadro di un maestro. Ma devo ricredermi e chiedo perdono per aver coltivato questo pregiudizio.
Arrivo a Liverpool e vengo colta dal consueto frastorno che provo nelle città. Fatico a comprenderla, ma confesso che non le ho dato tanto tempo per spiegarsi. Sembra si sia smarrita tra un presente incompiuto e un passato artistico ingombrante. Il talento rivoluzionario dei Beatles permea l’atmosfera e mette un po’ in ombra i propri eredi. D’altronde, passando davanti alla casa dove crebbe John Lennon, si ha la sensazione che da questo luogo, apparentemente insignificante, sia stata sprigionata una dose di magia difficilmente replicabile.
Sono entusiasta quando monto in macchina diretta a nord. Chilometro dopo chilometro, mentre attraverso la Forest of Bowland, il paesaggio si addolcisce. I mattoni rossi lasciano il posto all’ardesia e alla calce bianca, e la strada che percorro è un susseguirsi di scorci degni di Constable e Turner. La densità abitativa si riduce sempre più e la mia anima si può riprendere il suo spazio.
Hawkshead sarà la mia base per qualche giorno. Il Lake District è esattamente come lo si immagina, almeno nella parte meridionale: una costellazione di laghi incorniciata da infinite sfumature di verde che danno vita a uno scenario estremamente rigoglioso e pacifico. Villaggi come Ambleside e Grasmere sono veri e propri gioielli di pietra scura adornati di fiori e brulicanti di attrezzati escursionisti.
Ma a nord-ovest della Langdale Valley il territorio si trasforma e svela un’asprezza che mi ricorda le mie amate Highlands. Mi avventuro lungo la strada più ripida d’Inghilterra. Una biscia di asfalto che solca una vallata brulla e spoglia, scalando Wraynose e Hardknott Pass con rampe al 30%, che fanno scomparire il suolo oltre il cofano.
Superate incolume queste montagne russe, abbandono l’itinerario originale e procedo alla ricerca del Wastwater Lake, consigliato da una donna del luogo: «È il lago più spettacolare del Lake District, non puoi non vederlo!». Obbedisco fiduciosa. Aveva ragione. Il lago ha un aspetto selvaggio e tetro, proprio come piace a me. Il ripido versante di un monte si immerge drammaticamente nelle sue acque. A rendere meno inquietante tanta oscurità solo folti cespugli di gorse (Ulex europaeus) di un intenso giallo tropicale.
Riprendo a seguire il programma iniziale attraversando Buttermere e Keswick. Gli alberi e i ruscelli tornano a dominare il paesaggio. Penso a Beatrix Potter, l’illustratrice che scelse proprio queste zone per creare le sue storie fantastiche, e mi risulta facile condividerne l’ispirazione.
Sono pronta a proseguire verso la mia prossima destinazione, il Galles del Nord. Mi sento appagata da tanta natura, lo spirito rinfrancato e stupefatto da questa overdose di verde che, nelle sue innumerevoli combinazioni di blu e giallo, rispecchia un po’ i miei abissi e le mie scintille, e mi fa sentire a casa. Il verde è il mio colore preferito. Possiede un’energia ancestrale che lo collega direttamente al concetto di vita. Molte persone lo danno per scontato, considerandolo un semplice sfondo al proprio protagonismo. Ma per me il verde è molto di più: è un’emozione, e una delle più intense.
[Foto e testo di Giulia Suman]