Tra Bergamo e Brescia tutti conoscono la diga del Gleno: è la destinazione di un’escursione di un’oretta e mezza, praticabile da tutti, ma anche la storia di un disastro che ha interessato i territori a cavallo delle due province. Se ne parla come se la diga ancora esistesse, come se fosse ancora tesa nello sforzo di contenere enormi volumi d’acqua, invece quel che resta sono i due monconi laterali del muro alto cinquanta metri che è stata la diga. La sua vita è stata brevissima, la sua storia sembra non avere mai fine.
Per il 2023, anno di Bergamo Brescia 2023 – Capitale italiana della cultura e centenario del disastro della diga del Gleno, tutte le domeniche di luglio e agosto un accompagnatore del Parco delle Orobie racconta la storia della diga. Il ritrovo è al Chiosco del Gleno, la piccola area ristoro che si trova nella piana alle spalle dei resti della diga. Mentre si sorseggia una fresca birra artigianale o si mangia un ghiacciolo, l’accompagnatore racconta.
Photo by Laura Antoniolli
La storia della Diga del Gleno
A inizio ‘900 la spinta alla ricerca di soluzioni per produrre energia aveva portato a ipotizzare e poi progettare una diga che potesse sfruttare la ricchezza d’acqua della Val di Scalve, a nord-ovest di Bergamo e sul confine con la provincia di Brescia. Tra il 1907 e il 1917 si susseguirono le pratiche di autorizzazione del progetto, e vennero infine avviati i lavori.
La diga venne messe in esercizio nel 1923 e l’1 dicembre dello stesso anno, alle 7:15 cedette: un boato; lo spostamento d’aria prodotto da sei milioni di metri cubi d’acqua; la massa d’acqua, di fango e di detriti che precipitarono dai circa 1.500 metri di quota del bacino raggiungendo in 45 minuti il lago d’Iseo. Venne travolta la chiesa dell’abitato di Bueggio, il paese di Dezzo fu distrutto, quindi Angolo e Darfo, in valle Camonica. 356 il numero dei morti, mai pienamente accertato.
Photo by Laura Antoniolli
Si fecero indagini e un processo, che portò alla condanna dell’imprenditore brianzolo Viganò e del progettista, l’ingegner Santangelo. Se il parere dei tecnici del tribunale fu lapidario, evidenziando carenze durante tutto il processo costruttivo, non mancano ancora oggi perplessità da parte degli storici che rilevano nella documentazione dell’epoca imprecisioni e incertezze nelle testimonianze.
L’escursione
Dai primi di giungo a inizio ottobre un pratico servizio navetta collega il comune di Vilminore di Scalve con Pianezza, punto di partenza del sentiero CAI 411, che in circa un’ora e mezza conduce alla diga. La prima ora di cammino è in salita, in buona parte nel bosco, mentre l’ultima mezz’ora è pianeggiante. Percorso ritenuto praticabile da tutti, a prescindere dall’età e dall’allenamento, richiede una partenza lenta per non esaurire le energie e il desiderio della meta.
Photo by Laura Antoniolli
Il tratto pianeggiante è il più scenografico, con il profilo della Presolana sempre all’orizzonte e la gola del Gleno alla propria sinistra. La diga appare e scompare mentre si percorre il sentiero scavato nella roccia. Lungo il tragitto alcuni pannelli raccontano la storia della diga e la vita nella valle ai primi del ‘900, rendendo evidenti i sentimenti contrastanti della popolazione: la diga era tanto occasione di lavoro e di progresso quanto una minaccia.
Inevitabile una sosta in corrispondenza dei resti della diga, sia per la vista che offre sulla valle e sulla piana alle spalle, sia perché è il punto un cui si percepisce maggiormente la dimensione del luogo e della sua storia. La piana, con il piccolo lago verde acqua, si presta a soste pic-nic in totale autonomia. Il Chiosco del Gleno, offre comunque qualche piatto a base di polente, bevande e dolci. E una piccola struttura, sempre in legno, ospita i servizi igienici a tutela del decoro dell’area.