Sono segregata in casa a causa del COVID-19 e penso che la situazione mondiale sia a dir poco complicata, ma come posso resistere al desiderio di viaggiare di nuovo? È per questo che i miei pensieri corrono al mio ultimo viaggio. Mi sembra così lontano, nonostante sia passato solo qualche mese dal mio ritorno da Mauritius.
A Mauritius la guida è a sinistra e le strade sono poche, con tempi di percorrenza “importanti”: incidenti e tir in transito comportano soste e attese, ma l’auto a noleggio è il mezzo migliore per scoprire l’isola con spirito avventuroso. Durante qualsiasi tragitto avrete la compagnia di distese di canne da zucchero e piantagioni di deliziosi ananas nani. Grazie all’auto a noleggio ho deciso sul posto che cosa visitare, e sono partita dal “lago sacro” e dalla Vallée des Couleurs di Chamounty.
Fotografia di Lucia Castelli
Secondo la tradizione, il Grand Bassin (questo il nome del lago sacro) è nato dalle gocce d’acqua cadute dal capo del dio Shiva, affascinato dalla bellezza di Mauritius, mentre volava portando su di sé il fiume Gange per impedire un’inondazione. L’importanza del lago per il culto induista è resa evidente da una coppia di enormi statue di Shiva, paragonabili a due piccoli grattacieli, che accoglie i visitatori. Anche i babbuini che vivono a ridosso del lago, e che mi accolgono mentre mi avvicino alle rive, sono considerati sacri, e donare loro cibo pare essere di buon auspicio.
Circondata da profumi di incenso, fiori e colori, mi immedesimo nella popolazione e mi dirigo al tempio. Qui il bramano mi benedice con un simbolo induista sulla fronte, dopo che ho chinato la testa, e mi sussurra in lingua creola parole che non posso capire. Ancora adesso, seduta sul divano di casa, mi auguro sia stato qualcosa di positivo!
Fotografia di Lucia Castelli
La Vallèe des Couleurs di Chamounty è una sorta di parco naturale in cui è possibile praticare diverse attività, come noleggiare quad o jeep, accompagnati da una guida del parco. Io ho scelto l’escursione in quad per scoprire il parco tra cascate, vegetazione tropicale e animali (cervi, tartarughe giganti, pavoni) e visitare la “terra dei colori”, aree in cui l’antico magma del vulcano, grazie a un insieme di fenomeni chimici e fisici, mostra arcobaleni di colori. All’ingresso del parco ho accarezzato per la prima volta Bambi, un cerbiatto che mi è venuto incontro cercando cibo, esperienza meno comune nelle aree interne, dove i cervi sono più selvatici e non si lasciano avvicinare.
Nei giorni più nuvolosi ho deciso di percorrere la route du thé. Il percorso è un viaggio attraverso la storia e la cultura dell’isola, che porta ancora i segni della dominazione coloniale inglese prima, francese e olandese poi. La “rotta del tè” collega tre luoghi parecchio distanti tra loro, che è possibile visitare anche separatamente.
La mia prima tappa è stata Le domaine des Aubineaux, una casa coloniale immersa in un giardino tropicale di piante centenarie. Questa abitazione era la residenza dei proprietari delle piantagioni di tè e risale al 1872.
Fotografia di Lucia Castelli
La seconda tappa della Rotta è stata la mia preferita: Le domaine de Bois Chéri. Quando l’ho raggiunta pioveva a catinelle; sono entrata nel museo della dimora, circondato da enormi campi di piantagioni di tè di un verde acceso, ho ascoltato da un video il racconto della lavorazione del tè, quindi ho preso nuovamente l’auto per raggiungere la dimora vera e propria. Una strada sterrata nel mezzo di un selvaggio giardino tropicale conduce a una piccola collina, e sulla cima una maestosa residenza in legno in stile coloniale guarda dall’alto le piantagioni di tè e un lago. Ecco l’eden del 1800. Sulla terrazza panoramica il personale di servizio mi ha accolta e mi ha fatta sedere a un tavolo in legno; ho assaggiato diversi tipi di tè e me ne è stata spiegata la particolarità.
L’ultima tappa, Le domaine de Saint Aubin, è una maison coloniale risalente al 1819 in cui ci si immerge nel mondo del rum e della vaniglia, sempre circondati da giardini lussureggianti, a dimostrazione che, nonostante il nome, la route du thé non si concentra esclusivamente sul tè! Tra l’altro ogni tenuta ha un’affascinante table d’hôte (una pensione con menù a prezzo fisso) in cui assaggiare la cucina locale e, all’ultima tappa, è possibile soggiornare in alcune camere arredate.
Fotografia di Lucia Castelli
Facendo base a Belle Mare, nella parte est dell’isola, sono andata diverse volte al mercato di Flacq, distante pochi chilometri. Appena entrata nel mercato coperto, tipico di Mauritius, ti ritrovi nel caos più assoluto, una sorta di mix tra suq marocchini, Quartieri Spagnoli napoletani e colori e profumi di incensi e spezie indiane. È stata un’esperienza faticosa dalla quale sono uscita stravolta dopo circa quattro ore, ma con un sacco di acquisti!
E le spiagge? Alle spiagge di Mauritius ripenserò (e ve le racconterò) un’altra volta, per conservare un po’ di autonomia nel serbatoio dei ricordi di viaggio, vista l’incertezza della Fase 2 appena iniziata.