Sono un’italiana che vive alle Canarie. Mi sono trasferita da circa due anni in cerca di una vita tranquilla, di qualità, e ho imparato a rallentare i ritmi. L’emergenza Coronavirus è arrivata anche qui, quindi sono sottoposta a misure restrittive come in Italia, ma riesco a godermi questo tempo ancora più rallentato di prima. Lo utilizzo per studiare i miei prossimi viaggi e stare con i miei figli, diventando prima la maestra di turno per una materia e poi per un’altra, visto che i compiti continuano ad arrivare come se non ci fosse un domani. E poi mi dedico ai ricordi degli ultimi viaggi, che sono di grande compagnia.
Ripenso al mio motto “guardarsi indietro e scoprirsi in continua evoluzione” e mi rendo conto che assume un nuovo significato in questa immobilità fisica imposta. L’ultima volta che l’ho pronunciato stavo creando il mio primo viaggio multilingue, mentre ora mi auguro che il ciclone mondiale passi in fretta, perché il desiderio di rimettermi in viaggio mi è rimasto sottopelle e non ci voglio proprio rinunciare. In attesa di capire quale sarà la prossima evoluzione, ripenso all’ultima e mi sento grata per l’esperienza vissuta.
Photo by Simonetta Cipriani
A metà novembre ho condiviso per la prima volta un viaggio con i miei clienti organizzando un multilingual trip, un viaggio di gruppo a New York City con partecipanti provenienti da Italia e isole Canarie; ventun persone in tutto, di età compresa tra i 5 e i 72 anni. Una bella sfida garantire la migliore comodità a ciascuno, il viaggiatore esperto e quello alle prime armi, l’italiano e lo spagnolo, il bambino e il nonno, chi vuole essere autonomo e chi preferisce restarti vicino in ogni istante durante l’esplorazione della città.
Il punto di partenza è stato quello di individuare un meeting point comodo a tutti, e non solo come aeroporto. Avevo proposto di ritrovarci a Madrid la sera prima del volo e alcuni hanno seguito il mio consiglio, mentre altri si sono fatti trovare al check-in. A New York, invece, ho sfruttato un contatto con cui lavoro da anni, perché trovare una soluzione di alloggio per stare insieme in 21 non è semplice! Cercavo una casa molto grande in un quartiere lontano dalla confusione di Manhattan, ed è così che siamo approdati poco oltre il Queensboro Bridge. Riuniti sotto lo stesso tetto, abbiamo sfruttato una soluzione su due piani che permettesse di dividere il gruppo esattamente a metà, con gli spagnoli al piano alto e gli italiani a quello basso. In questo modo anche la spesa, in comune, era sempre divisibile in due, sia per peso economico sia per gusto gastronomico.
Photo by Simonetta Cipriani
Il gruppo si è diviso spontaneamente in due anche per l’animo del viaggio: la metà più autonoma si organizzava la sera le tappe per il giorno successivo, mentre quella più tranquilla preferiva seguire le mie scelte. Così ho puntato tutto sulla strategia, facendo in modo che le prime mete della giornata del gruppo dei tranquilli coincidessero con quelle del gruppo degli autonomisti e non si perdesse la condivisione del viaggio. Poi lasciavo che gli autonomisti prendessero il largo e davo spazio alla calma dei tranquilli, che volevano tempi più lunghi per le visite e un rientro a casa anticipato. E parlo di casa perché sembrava proprio così, di essere newyorkesi a zonzo, che al mattino trovano il giornale davanti alla porta di casa.
Tra tutte le esperienze nella Big Apple alle quali potrei ripensare, finisco sempre per ricordare due momenti più intimi. Prima di tutto la mattina in cui il nonno, stanco dopo un paio di giorni di camminate intense, ha deciso di stare a casa a riposare e ha trovato la compagnia di un paio di bambini con cui ha passato una giornata di storie raccontate sul lettone. E poi il momento di fare le valigie per tornare a casa: dei sette giorni di viaggio avevo previsto che uno venisse dedicato interamente allo shopping, e ovviamente, per quanto avessi ricordato a tutti il proposito di prendere giusto due cose, alla fine ci siamo ritrovati con le borse piene di acquisti… Ma italiani e spagnoli sanno che l’unione fa la forza, così, oltre a ricavare spazi in ogni dove, ci siamo distribuiti la “refurtiva” tra le valigie di tutti!
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Tirando le somme: vivere un’esperienza condivisa ma culturalmente differente ha davvero arricchito tutti, l’esperienza e l’emozione del viaggio sono state amplificate da questa doppia condivisione. Sono stata talmente soddisfatta che ho pensato di rimettermi subito all’opera per organizzare il prossimo viaggio multilingue. Isolata sulla mia isola, tra un compito di matematica e una lezione di storia, resto ferma all’ancora e scruto il largo in attesa che il mare si plachi per puntare la mia prua di nuovo al largo. Verso dove ancora non so.