Grazie alle sorprese del Lake District mi sento colma di fiducia e, dopo una breve sosta a Chester, raggiungo mia cugina Elena a Bangor, dove sta trascorrendo un semestre con il programma Erasmus. La cittadina è nota per la sua università e il suo romantico pier (molo). Situata in una tranquilla insenatura a pochi chilometri dalle montagne, è in una posizione ideale per chi come me non rinuncerebbe a nulla.
Scegliamo come primo obiettivo l’isola di Anglesey, affacciata sul Mare d’Irlanda. Sebbene vicinissima alla terra ferma, è in grado di farci ugualmente sentire “al largo”.
Prima di dedicarci alla natura non possiamo non sostare per qualche scatto fotografico all’insegna del paese con il secondo nome più lungo del mondo:
Llanfairpwllgwyngyllgogerychwyrndrobwllllantysiliogogogoch.
No, il gatto non ha calpestato la tastiera, si chiama davvero così! Incontriamo una signora del luogo che, con ironia, si presta alla pronuncia dello scioglilingua in diretta.
Visitiamo poi Beaumaris e il suo elegante castello medievale. Qui ci accoglie un cielo plumbeo, così incombente e fitto che mi sembra quasi di toccarlo. Le case in pietra grigia si alternano ad altre dipinte con allegre tonalità pastello.
Proseguiamo fino al Penmon Lighthouse, che, immerso nel blu, scandisce rintocchi ogni 30 secondi per segnalare la sua presenza. Amo i fari. Ammiro soprattutto il loro essere al limite e il messaggio di salvezza che mandano dalle loro posizioni così precarie. Non posso quindi evitare lo spettacolare South Stack, all’estremità della penisola di Holy Head. Qui un’affascinante desolazione viene interrotta, o forse amplificata, dalle grida emesse da migliaia di uccelli che popolano la scogliera. È la loro dimora, e noi siamo ospiti. Li invidiamo, per quella privilegiata postazione fronte mare. Chissà a quali tempeste e mareggiate hanno assistito.
Dopo una passeggiata in prossimità della chiesetta di Aberffraw, procediamo verso quello che diventerà il mio luogo del cuore in questo viaggio: la penisola di Ynis Llanddwyn. Un cielo premuroso spazza via le nubi regalandoci l’unica cosa che ci emozioni ancora di più: quella luce dorata, obliqua, intima ed essenzialmente nordica, che ci trafigge il cuore, ci infuoca le chiome e il volto. All’estremità del promontorio una croce di pietra conficcata nel suolo come la spada di un cavaliere si interpone tra me e l’orizzonte. La marea crescente minaccia di rendere la penisola un’isola. Diverremmo ostaggi del mare. Accarezziamo questo pensiero, ma decidiamo alla fine di accelerare il passo, sapendo che la fretta renderà ancora più preziosa la nostra esperienza.
Il giorno seguente ci attende lo Snowdonia National Park. Montagne oscure e rocciose, foreste che evocano fiabe e leggende. Il profumo della pioggia ci solletica il naso e ci spinge ad addentrarci in un sottobosco bagnato, vivo, percorso da innumerevoli ruscelli. Sembra un regno elfico. Gli insediamenti sono pochi e perfettamente mimetizzati con la natura. Eppure l’essere umano ha provocato anche qui delle cicatrici, come testimonia l’imponente miniera di ardesia di Llanberis.
Più a Sud, la cittadina di Harlech domina la costa con la sua fortezza costruita nel XIII secolo, la più meridionale tra quelle del cosiddetto “Anello di ferro”, di cui fanno parte anche i castelli di Beaumaris, di Caernarfon e di Conwy.
Il mio viaggio è giunto al termine, ma non potevo partire senza aver dato il mio intimo saluto al mare. Il solitario e malinconico Point of Ayr Lighthouse, nei pressi di Talacre, fa da sfondo all’incontro. Sono pronta per andare. So che ogni volta che sentirò il profumo della pioggia o vedrò un raggio di luce dorata, tornerò esattamente lì, nei miei luoghi del cuore.
[Testo e foto di Giulia Suman]
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