Sul volo per Hanoi ho ripensato agli ultimi 10 anni di viaggi con figli e nonni al seguito. È una bella responsabilità organizzare il viaggio per tre generazioni, soprattutto quando ha la doppia faccia di esperienza condivisa e lavoro, e passi continuamente dal ruolo di professionista a quello di mamma o figlia o nuora e ritorno. Ma è un buon allenamento mentale, per me e per i miei compagni di viaggio.
Viaggio con i miei figli da quando hanno 11 mesi e, per quanto sia certa che non ricorderanno molti dei luoghi in cui sono stati quand’erano così piccoli, sono convinta che tutte queste esperienze li stiano aiutando a crescere. C’è un modo di crescere statico e un modo di crescere nel movimento: io per i miei figli preferisco il secondo. E credo che sia una crescita che non guarda all’età, per cui lo preferisco anche per i miei genitori e li porto con me. Oltre al fatto che i nonni sono un aiuto, un sostegno, e regalano ricordi indelebili ai nipoti e a tutta la famiglia. Io cerco di coinvolgerli e di regalare loro una seconda giovinezza, nuovi stimoli.
Ho sempre pensato al viaggio come al miglior psicologo al mondo, al miglior maestro di crescita personale, perché è uno strumento utilizzabile da tutti e porta frutti a ogni età: forma i piccoli, plasma gli adulti, rinvigorisce gli anziani. Un esempio perfetto è il viaggio di un mese della mia famiglia in India. All’epoca i bambini avevano 3 e 6 anni e i nonni 68. Non è stato semplice, né organizzarlo né viverlo, ma è stato il viaggio che ha modificato tutti noi in modo irreversibile. Il motivo non ha niente a che vedere con l’idea mistica dell’India, ma con il fatto che tutti noi abbiamo potuto (o forse dovuto) vedere al di là delle nostre convinzioni. I miei bambini pensavano a un mondo “uniforme”, occidentale, e si sono trovati… in India! Io e mio marito ci sentivamo pronti a tutto e ci siamo invece scoperti vulnerabili, a volte impauriti e insicuri; mentre i miei genitori si sono confrontati con una realtà che non avrebbero mai pensato di toccare con mano ma solo di osservare dallo schermo della tv.
Un’esperienza come questa dovrebbe essere un’opportunità alla portata di tutti, ma non lo è, e non è tanto una questione di denaro. Credo che spesso sia la paura, dell’ignoto, di non essere in grado, di mettersi in condizioni in cui ci si possa sentire in difficoltà, a limitarci. È così che nascono le scuse: i bambini sono troppo piccoli viaggeremo quando saranno cresciuti, i nonni sono troppo anziani… Ma poi i ragazzi crescono e hanno altre necessità, mentre i nonni hanno qualche acciacco che richiede di contenere la fatica e di limitarsi a una settimana di mare poco lontano da casa. Ma per viaggiare basta allenarsi e farlo con costanza: si inizia con piccoli spostamenti con bambini e nonni al seguito e, a poco a poco, si allontanano le mete in modo da percepire come naturale la maggiore distanza e sentirsi sempre a proprio agio.
Regalatevi il coraggio e poi donatelo a chi amate, perché viaggiare con figli e nonni vi aiuterà a collezionare esperienze condivise che supereranno di gran lunga un qualunque pranzo di Natale in famiglia. È un modo per conoscersi in profondità e non c’è ragione per rimandare. Ma se proprio non sapete come uscire dalla vostra zona di comfort, potete volare da me a Gran Canaria nella primavera 2020 e insieme parleremo di come affrontare la paura e partire.