Un puntino nell’oceano Atlantico vicino a Madeira che si può raggiungere facilmente sia via mare sia in aereo, l’isola di Porto Santo viene chiamata l’“Isola che non c’è” dai suoi abitanti o anche l’“Isola dorata”: una lingua di sabbia riparata da due promontori che formano altrettante penisole; qui i gabbiani costruiscono i loro nidi e sono (quasi) gli unici abitanti. Già mentre atterro il panorama mi colpisce e lo fa con la stessa forza che dimostrerà il vento, compagno invisibile di tutta la mia vacanza.
Il taxi mi porta a un piccolo hotel verso l’interno, ma lungo il tragitto assaggio un lungomare di piccole case bianche. Per una settimana farò base in una dimora costruita in pietra basaltica, con una piccola piscina, un centro benessere e una vista mozzafiato. Scoprirò poi che è un punto di partenza ideale per camminate e trekking. Da qui si raggiunge facilmente la zona di Pico Ana Ferreira con lo spettacolo delle Canne d’organo, una parete di colonne prismatiche che pare si sia originata da un’esplosione vulcanica.
L’hotel offre una navetta gratuita per arrivare al mare e, posate le valigie, corro a prenderla. Dopo un’alternanza di vigneti minuscoli e zone quasi deserte, dove cavalli e asini vagano liberamente, d’improvviso, dietro una curva, si apre davanti a me una distesa di erba verdissima che si perde verso la scogliera: è il Porto Santo Golfe, un campo di 18 buche quasi a picco sul mare, meta ambita dai golfisti di tutta Europa.
La mia meta però è un’altra: il centro di talassoterapia che si trova sulla spiaggia. Le acque delle coste di Porto Santo sono riscaldate dall’attività vulcanica sottomarina e questo, dicono gli studiosi, è ciò che determina le proprietà terapeutiche della sabbia e delle acque dell’isola. Dal centro si accede a una spiaggia dorata e, da qui, con una passeggiata di una ventina di minuti, si può arrivare al piccolo paese di Vila Baleira con i suoi negozietti e locali. Camminare per le sue strade è quasi un salto indietro nel tempo. Un uomo del posto capisce che sono italiana e mi consiglia patriotticamente di visitare la casa di Cristoforo Colombo.
Rientro dal centro affittando una minicar, un’auto a due posti coloratissima, e mi godo la mia indipendenza decidendo di fermarmi a prendere un aperitivo. Il bar offre una terrazza con un’ampia vista sull’isola e una delle specialità del posto: pane all’aglio, buonissimo e digeribile. È una fortuna che viaggi sola…
I giorni seguenti sono un susseguirsi di piccole scoperte: sul versante settentrionale dell’isola la costa è rocciosa e nasconde piscine naturali che offrono acque tranquille in cui nuotare nella stagione estiva, mentre in questa fine di aprile sono solo le onde che vi si tuffano; in fuoristrada si può raggiungere il deserto di Porto Santo, un campo di sabbia fine, colmo di fossili di coralli che raccontano la storia geologica dell’isola. L’orizzonte è spezzato da due isolotti verso cui è possibile fare rotta: l’isola del Faro, patria dei gabbiani e di ragni giganti che sembrano granchi, e l’isolotto del Gorilla che deve il suo nome alla sua sagoma. Se non si vuole rischiare troppo, invece, si può passeggiare nell’immenso centro botanico e ornitologico di Vila Baleira.
Con i suoi 11 km x 4 di estensione, Porto Santo è il monolocale delle isole, ma è decisamente ben arredato.
Prima della partenza torno sulla spiaggia immensa. Nei giorni scorsi mi sono immersa più volte nelle sue acque frizzanti e ho avuto l’impressione che la temperatura aumentasse a ogni istante, lasciandomi conquistare metri preziosi verso il largo. Nelle prime ore del giorno i colori cambiano di tonalità e le nuvole si rincorrono. Respiro l’aria dell’Atlantico e so che tornerò presto sull’Isola dorata. Dev’essere per questo che, mentre mi allontano, mi giro un’ultima volta verso il mare. All’orizzonte un veliero: sarà forse quello di Capitan Uncino?