Bisanzio, Costantinopoli, Istanbul. Una e trina, da sempre ponte sospeso fra Oriente e Occidente, caleidoscopio di culture, popoli e religioni, Istanbul è una città che non finisce mai. Nei pochi giorni che possiamo dedicarle, finiamo per affidarci alle nostre guide turistiche, a inseguire il filo cronologico della sua storia fra monumenti, moschee e bazar. Ci muoviamo nelle sue strade caotiche cercando la prospettiva migliore per una foto che ci illuderà di averla conquistata. E se provassimo a scoprire Istanbul affidandoci a coloro che nel tempo l’hanno raccontata e che ancora oggi la narrano, la vivono e la amano?
Un libro, una poesia, un quadro, una fotografia possono guidarci alla scoperta dell’anima e dell’essenza dei luoghi che abiteremo e delle persone che incontreremo. Possono alzare il sipario su Istanbul e svelarci una città che non avremmo mai visto confusi fra i normali turisti.
«L’emozione che provai entrando in Costantinopoli mi fece quasi dimenticare tutto quello che vidi in dieci giorni di navigazione dallo stretto di Messina all’imboccatura del Bosforo». Così Edmondo De Amicis nell’incipit di “Costantinopoli”, uno dei più bei libri di viaggio dell’Ottocento italiano. Le sue parole ci portano lo stupore del viaggiatore che arriva in nave a Stanbul, come la chiama De Amicis.
«Poi a poco a poco la nebbia si dissolse come se qualcuno avesse scostato una tenda. La città era oramai chiaramente definita e splendente, luce e ombre, vette e declivi. Su è giù una collina dopo l’altra. Istanbul dava con generosità e con lo stesso respiro si riprendeva il dono».
Elif Shafak, scrittrice turca contemporanea, nel suo romanzo “La città al confine del cielo” fa rivivere le stesse emozioni a Jahan, il protagonista, che arriva a Bisanzio nel 1500.
Sono due inviti per una crociera sul Bosforo durante la quale ammirare la città dal mare e provare in prima persona le emozioni che sa suscitare. Istanbul è una città scenografica: i suoi panorami, i suoi belvedere sono immortalati da molti artisti, come nei disegni del pittore Antoine-Ignace Melling, vissuto a Istanbul alla fine del 1700. Vedute d’insieme che possiamo ammirare dal Salone di Bagdad al museo Topkapi, oppure all’ora dell’aperitivo dal roof garden del Marmara Pera Hotel e dal bar Pierre Loti sulla collina di Eyup.
«Camminare per Istanbul significa camminare in simbiosi con la folla, passando davanti alle dozzine di pescatori rugosi allineati in silenzio lungo l’antico ponte di Galata, ognuno con l’ombrello in una mano e la canna nell’altra». Un estratto da “La bastarda di Istanbul” sempre di Elif Shafak. Le protagoniste sono Armnoush e Asya, due ragazze, una armena e una turca, con culture diverse in cerca di un punto d’incontro. Un romanzo pieno di suoni, colori e atmosfere. Un invito a percorrere Istanbul a piedi e addentrarsi nei quartieri popolari di Fener, Fatih e Balat, ricchi di storia e di umanità e che poche persone visitano.
«Era l’istante più felice della mia vita e non me ne rendevo conto, se l’avessi capito, se allora l’avessi capito avrei potuto preservare quell’attimo». È l’incipit del romanzo “Il museo dell’innocenza” di Ohran Pamuk, premio Nobel per la letteratura. Da questo libro Pamuk ha realizzato l’omonimo museo nel distretto di Beyoğlu. Visitandolo si ripercorre la storia dei due protagonisti Kemal e Fusun, ma resta la curiosità di scoprire l’architettura dei palazzi costruiti fra il XIX e il XX secolo. Istiklal Caddesi, la lunga strada pedonale, ne racchiude tutti i generi. Fermarsi in uno dei tanti caffè e osservare il flusso ininterrotto di umanità che la percorre non è sicuramente tempo perso.
Sempre Ohran Pamuk dal suo libro autobiografico “Istanbul” scrive: «Contemplare i paesaggi della città vuol dire unire le proprie sensazioni alle immagini della città. Quando si passeggia per le strade o si gira con i battelli vuol dire poter accordare il proprio stato d’animo ai panorami che la città ci offre. Se impariamo a guardare una città in questo modo, le strade, le immagini, i paesaggi si trasformano in realtà e ci fanno ricordare alcuni nostri sentimenti e stati d’animo».
Dal terrazzo della Torre genovese di Galata il nostro sguardo spazierà a 360 gradi dentro la città. Sotto di noi ponti, pescatori, odore di cibo che sale da strade fumose, sirene di navi, rumorosi bazar, chiese, moschee, minareti, canti di muezzin.
La scoperta di Istanbul attraverso la narrazione può diventare uno strumento unico ed esclusivo che ci consentirà di vederla e viverla come un abitante, senza pregiudizi. Se avremo la sensazione di lasciare lì qualcosa di noi, allora potremo dire di averla conquistata.