Oriana viaggia ogni volta che ne ha l’occasione. Mi parla di Cuba e dello Sri Lanka, poi della sua scelta estiva di avvicinarsi all’Africa. Per la partenza di agosto aveva una tripletta tra cui scegliere: Madagascar, Senegal o Sudafrica. Alla fine è stata l’isola della vaniglia, con la sua miscela di mare-montagna-animali, ad averla intrigata di più, così ha deciso. Ha chiamato la nostra Claudia, che le ha proposto un itinerario molto variegato in termini di località e attività, anche se concentrato nella regione di Diego Suarez, nella parte settentrionale dell’isola. A incorniciare il tour, qualche giorno di soggiorno mare nell’arcipelago di Nosy Be.
Il programma con partenza martedì 31 luglio sembra averle portato fortuna: tempo stabile testimoniato dal sole che splende in tutte le sue fotografie e tanti incontri con le persone del posto che le fanno dire di essersi sentita a casa, sempre accolta in modo gentile e amorevole.
Figlie dell’epoca del “foodismo”, ci ritroviamo subito a parlare di cibo. La base dell’alimentazione in Madagascar deriva principalmente dalla pesca, e Oriana nel suo viaggio ha mangiato quel che i malgasci pescavano di giorno in giorno. Ha provato il barracuda e il granchio. Ad accompagnare i frutti del mare, tutte le varietà della frutta tropicale. Assoluta novità per lei il vino aromatizzato: allo zenzero, al cocco e, ovviamente, alla vaniglia. Il cibo le è piaciuto almeno quanto i luoghi visitati e le persone incontrate. Oriana è donna del Sud, quindi se dice che il cibo è buono, come non fidarsi?
La sua soddisfazione si intuisce dall’agilità con cui salta da un nome all’altro quando le chiedo che cosa del suo viaggio in Madagascar abbia davvero lasciato il segno. Prima parla del parco nazionale di La Montagne d’Ambre, con la sua foresta pluviale, le cascate e il lago di origine vulcanica; poi ricorda le sfumature rosse della terra dello Tsingy Rouge, un paesaggio lunare caratterizzato da formazioni rocciose di origine carsica; da non perdere, mi dice, anche il parco nazionale dell’Ankarana che protegge un tratto di foresta decidua in cui si nascondono lemuri e camaleonti. Come non andare poi a Nosj Irania, l’isola delle tartarughe? E a Nosy Comba, con la sua lunghissima lingua di sabbia bianca?
E’ talmente soddisfatta del viaggio che – mi dice – con il senno di poi lo allungherebbe di almeno una settimana, per poter conoscere anche il Sud dell’isola e visitare la capitale. In 14 giorni, comunque, non si è fatta mancare nulla: un po’ di vita cittadina a Diego Suarez, Ankify e Hell Ville, uscite in barca, picnic sulla spiaggia, snorkeling, pernottamento nella foresta, una nuotata con le tartarughe a Nosy Comba e un’escursione in quad lungo la pista sabbiosa che lambisce la baia di Diego Suarez, con spiagge di sabbia bianca e baobab centenari.
La sua soddisfazione sembra quasi sospetta, allora le lancio due domande scomode.
«Parli inglese e spagnolo, ma in Madagascar parlano francese. Sarà stato difficile comunicare…». Mi risponde che le poche parole di francese che conosce sono state sufficienti e che l’italiano è stranamente diffuso.
«Tutti dicono che Nosy Be sia rimasto un luogo incontaminato nonostante sia la destinazione tipica dei soggiorni mare. Non è solo una leggenda? ». Giura che è tutto vero. Le strutture turistiche sono più o meno grandi, ma tutte molto curate e ben integrate nell’ambiente. Non esistono spiagge attrezzate con ombrelloni e lettini. In pratica: un paradiso. Chiude in bellezza aggiungendo che del Madagascar ricorderà sempre i tramonti, con la palla arancio del sole che scende sotto l’orizzonte fatto di oceano e fa brillare la sabbia.
A questo punto non posso che arrendermi all’evidenza: che il 31 sia un numero fortunato non è solo teoria matematica, ma realtà nuda e cruda.
[Fotografie di Oriana Daidone]