Sono appena tornata dalla Groenlandia. “Appena” significa che il mio corpo è ancora allineato con il fuso orario di Tasiilaq, sulla costa est della Groenlandia, che d’estate è quattro ore indietro rispetto all’ora italiana. Significa anche che, al risveglio, mi aspetto di vedere un tratto di oceano blu cobalto racchiuso in un fiordo e punteggiato da qualche iceberg.

Ho scelto di fare un viaggio stanziale e di vivere alla giornata: 14 giorni di permanenza nella stessa struttura e nessun rigido programma di attività, ma decisioni prese giorno per giorno in base al meteo e alle opportunità che offre la vita in un luogo quando non le si impone alcuna tabella di marcia. Il risultato sono sogni notturni dei luoghi visitati e incontri tanto variegati che andrebbero raccolti un’antologia di racconti.

The Red House

Il rifugio della costa orientale della Groenlandia: la Casa Rossa di Robert Peroni

Molti l’hanno conosciuto grazie ai libri con cui ha raccontato la sua vita in Groenlandia, altri attraverso le interviste che ha rilasciato a giornali e stazioni radiofoniche; alcuni ne hanno seguito le imprese che lo hanno fatto entrare nella storia sportiva. Ma lui è solo Robert, altoatesino che ha trovato nel fiordo di Tasiilaq la sua casa e ne ha creata una per i viaggiatori curiosi di conoscere questa terra. L’ha creata anche per offrire una nuova strada verso il futuro al popolo inuit che, con l’arrivo dell’economia di mercato, ha perso la possibilità di vivere nel modo tradizionale e fatica a trovare una via alternativa. Lui dirige le attività per garantire l’incontro tra le richieste dei turisti e le risorse del luogo, e le persone del posto si fidano delle sue scelte.

La casa dei viaggiatori si chiama Utiili Aapalartoq (Casa Rossa o the Red House), e Robert ti accoglie come se fossi un vecchio amico, pronto a fare del proprio meglio perché ti senta a tuo agio. Arrivano anche persone di passaggio in cerca di una foto o di un autografo, ma lui preferirebbe che si fosse lì per la Groenlandia e il suo popolo e non per lui.

Tasiilaq, la "capitale" della Groenlandia orientale, nella notte estiva: le ore di buio sono poche all'inizio di agosto.

La Casa Rossa è concepita come un grande rifugio alpino, con un ambiente centrale dove si consumano i pasti e si vive, su cui affacciano alcune delle stanze e i servizi igenici in comune. Esiste anche una dependance, una struttura dello stesso colore rosso a un centinaio di metri di distanza, che è concepita come hotel, con stanze provviste di servizi privati, ideale per chi proprio non ha intenzione di condividere la privacy della toilette con estranei. Colazione a buffet e cena a menù fisso, che combina cucina locale e altoatesina con risultati sorprendenti; porzioni di tutto rispetto, completano il servizio.

Gli inuit o l’umanità

La Casa Rossa è un crocevia di storie: molti i viaggiatori di lungo corso che passano da lì, diverse le guide che hanno un bagaglio di esperienze tutte groenlandesi da condividere; ci sono piccoli gruppi di ricercatori che si appoggiano all’esperienza di Robert per organizzare le loro attività di ricerca sull’ice cap, la calotta di ghiaccio che riveste circa l’80% della superficie della Groenlandia, e piccole spedizioni che si preparano ad attraversarlo da costa a cosa.

Passeggiata lungo il fiordo di Tasiilaq, nella Groenlandia orientale

E poi ci sono gli inuit. Per primi i “colleghi” di Robert, ma la porta della Casa Rossa è sempre aperta, per cui c’è chi passa per un saluto e chi a proporre il frutto della sua caccia o della sua raccolta che finirà sulla tavola per cena in un perfetto esempio di economia a chilometro zero. Sempre riservati e cortesi, sanno essere curiosi senza mai risultare invadenti. Per strada sorrisi e saluti e se entri da solo nella piccola chiesa locale può capitare che, vedendoti seduto in un banco, ti offrano un caffè. Una delle prime cose che si imparano sulla Groenlandia è che inuit, in groenlandese, significa “uomini” o “umanità”: e mai nome fu più azzeccato.

Fermandosi qualche tempo e facendo propria la loro curiosità discreta, si riescono a conoscere anche i lati più dolorosi della loro esistenza, frutto del contrasto tra una vita di sussistenza legata al territorio e alla comunità e la spinta del progresso che non si cura della loro storia. Basta vedere l’approdo dei turisti che arrivano periodicamente nel fiordo di Tasiilaq con le navi da crociera: quando sbarcano 1000 persone in una cittadina di poco più di 2000, più che una visita sembra un’invasione.

CONTINUA